Legge 328/2000

La Legge 328/2000 intitolata “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ha come obiettivo di garantire alle persone e alle famiglie un sistema integrato di servizi sociali; qualità della vita, pari opportunità; non discriminazione; prevenire eliminare o ridurre condizioni di disabilità, bisogno, disagio, difficolta sociali, non autonomia.

La legge in esame stabilisce che hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri, individuati ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all’articolo 129, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La legge 328 intende superare ulteriormente il concetto assistenzialistico dell’intervento sociale, nel senso che considera il cittadino non come passivo fruitore, ma come soggetto attivo e in quanto tale portatore di diritti, a cui devono essere destinati interventi mirati alla rimozione di situazioni di disagio psico-sociale e di marginalità.

L’organizzazione e la programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni e allo Stato. Compiti importanti spettano a quest’ultimi. Lo Stato ha il compito di fissare un Piano sociale nazionale che indichi i livelli uniformi e di base delle prestazioni, stabilire i requisiti che devono avere le famiglie-comunità e i servizi residenziali, i profili professionali nel campo sociale ed infine ripartire le risorse del Fondo sociale nazionale e controllare l’andamento della riforma.

Le Regioni dovranno programmare e coordinare gli interventi sociali, spingere verso l’integrazione degli interventi sanitari, sociali, formativi e di inserimento lavorativo, stabilire i criteri di accreditamento e vigilare sulle strutture e i servizi sia pubblici che privati, costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le funzioni indicate dalla normativa, stabilire la qualità delle prestazioni, determinare i livelli di partecipazione alla spesa da parte degli utenti, infine finanziare e programmare la formazione degli operatori. Non bisogna tralasciare come questa legge abbia riconosciuto una centralità al ruolo dei Comuni organi amministrativi che gestiscono e coordinano le iniziative per realizzare il “sistema locale della rete di servizi sociali”. In questo, i Comuni devono coinvolgere e cooperare con le strutture sanitarie, con gli altri enti locali e con le associazioni dei cittadini. Dai Comuni dipende anche: la determinazione dei parametri per la valutazione delle condizioni di povertà, di limitato reddito e di incapacità totale o parziale per inabilità fisica e psichica, e le relative condizioni per usufruire delle prestazioni; l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza sui servizi sociali e sulle strutture residenziale e semiresidenziali pubbliche e private; il garantire il diritto dei cittadini a partecipare al controllo di qualità dei servizi.

Le azioni, gli obiettivi e le priorità degli interventi comunali sono definiti nei Piani di Zona. I Comuni devono anche realizzare ed adottare la Carta dei servizi sociali che illustra le opportunità sociali disponibili e le modalità per accedervi. I Comuni, Regioni e Stato dovranno, infatti, coinvolgere e responsabilizzare il settore non-profit. I soggetti del Terzo settore sono inseriti tra gli “attori” della legge sia nella programmazione e organizzazione del sistema integrato (art. 1 comma 4) sia nell’erogazione dei servizi (art. comma 5).

 

Rocco Emanuele Nappi

Volontario in Servizio Civile